martedì 13 novembre 2012

ny vodin'omby


                                                                                                                MAGRETA, 12 novembre 2012
CIAO a tutti, niente più SALAMA!
Eh sì perché per la prima volta vi scrivo dall’Italia, a più di una settimana dal mio rientro!                                        Non è ancora giunto il momento di parlare dell’impatto italiano, anche perché… ho in arretrato l’ultimo mese sull’isola rossa!                                                                                                                                                              Ottobre è iniziato con un po’ di panico. Panico perché mi rendevo conto che era arrivato il momento di partire proprio quando mi sentivo inserita al lavoro, amica dei colleghi, capivo un po’ di più la lingua, riuscivo ad esprimermi e avevo raggiunto una serenità in comunità!                                                                                                                                
Comunque…proprio perché il tempo stringeva, ho deciso di fare la mia ultima Rè.b.c. (riabilitazione a base comunitaria): ovvero la tourneè in un villaggio per 2 settimane con i colleghi, per la fisioterapia ai malati di tutto il distretto. Il caso ha voluto che in quel periodo fosse ad Ambinanindrano, uno dei posti più isolati, raggiungibile solo con la moto con un viaggio di 4 ore; a causa di una “terribile” strada (uso le virgolette perché non è ancora stata inventata una parola per definire quella strada)!
E’ stata una bella sfida, sono tornata a casa comprendendo che, con un po’ di abitudine, si possa fare a meno di cose che prima ritenevo fondamentali: ero difatti tornata indietro di 70 anni cucinando sempre sul fuoco, stando a lume di candela la sera, facendo la doccia con secchi d’acqua e…lavando i vestiti al fiume! Anche se, siamo addirittura andati nel “pub” più famoso del paese: una stanzetta di 1,60x2 m, formata da qualche asse, 2-3 sgabelli e un tavolino, di fianco a un banchetto che vendeva birra!
E’ stata un'altra bella sfida, vivere gomito a gomito con i miei colleghi malgasci; adattandoci un po’ a vicenda, ma consapevoli di star creando un bel legame. In certi momenti pensavo di non farcela, soprattutto quando ti scontri sulle piccole cose; come sul preparare da mangiare o su modi diversi di gestire il tempo e il lavoro. Ma è normale quando si vive fa tutto insieme, dalla mattina alla sera, condividendo sempre gli stessi spazi e con possibilità di sfogo minime.
In questa zona così isolata sono diffuse malattie quasi scomparse ad Ambositra, come la lebbra o la filariosi; (infezione che causa ristagno di liquido nelle gambe, fino a farle assomigliare a zampe di elefante; difatti viene anche chiamata “elefantiasi”) tant’è che su 40 malati, 20 erano lebbrosi, quasi tutti con delle piaghe. Se abiti in una zona dove ti puoi spostare solo a piedi, e il primo ospedale è a 6 ore di cammino…bè allora magari aspetti, aspetti, aspetti finché non ce la fai più; e sei costretto ad andare da un dottore.                                                                                                            Lo stesso problema c’è quando si convocano i malati per la Rè.b.c., aggiungendoci il fatto che dura 2 settimane; ecco perché su 90 convocati se ne sono presentati 20, e altri 20 erano nuovi.                                    Ma proprio in queste terre isolate, ho constatato con i miei occhi, che enorme possibilità sia per i malati questa riabilitazione; anche se per poco tempo. E non solo dal punto di vista medico e riabilitativo: sono persone che a malapena sanno far una firma; per cui, se ci fosse la volontà del Foyer, si potrebbero organizzare formazioni su tutto, dal punto di vista sanitario, lavorativo, spirituale ecc.. Scusate la digressione, ma quest’argomento mi prende sempre molto!
Tornata dalla brousse, dopo 2 giorni sono ripartita per il sud, perché era giunto l’atteso momento dei “veloma”. Dopo un breve passaggio per Fianarantsoa, per salutare il “nuovo” Don Giovanni che è lì per studiar la lingua; sono arrivata ad Ampasimanjeva, dove mi ha accolto la nuova comunità di suore (nuova perché, come in Italia, nelle case della carità ogni anno c’è il “turnover” di suore ). Come al solito passar per Ampa è un emozione: sarà l’ottima accoglienza delle suore e i dottori che ogni volta ho trovato, sarà perché noi “sanitari” ci sentiamo a casa solo in ospedale, sarà che quell’ospedale è un po’ come una piccola città… ogni volta che passo di lì vorrei fermarmi!
Il giorno dopo, con un viaggio record, sono arrivata a Manakara dai volontari Filippo, Chiara e Silvia. Era un momento impegnativo per loro poiché, con il loro progetto sanitario, si preparavano a distribuire 500.000 zanzariere in 4 distretti della zona; ma sono riusciti comunque a stupirmi con effetti speciali: cene degne di suore e ristorante sul canale del Pangalana, nonché di fianco al “famoso” ponte di Manakara (famoso perché qualche mese fa un camion troppo pesante ci è passato sopra e…il ponte ha ceduto lentamente sotto il suo peso!)!
Dopo un viaggio infinito, sono riuscita a tornare ad Ambositra in un solo giorno; pronta (o quasi) ad affrontare tutti i “veloma” nella mia amata città. Ho cercato di salutare le persone a cui ero più legata una ad una, prendendomi qualche giorno solo per questo; perché se c’è una cosa che ho capito in questa terra, è la bellezza di prendersi del tempo per le relazioni.   
Il primo è stato il più ufficiale, all’Akanin’ny Marary nella grande sala con tutti i dipendenti, in queste occasioni c’è un vero e proprio “protocollo” da rispettare: il “kabary”(discorso) del “Rayamandreny”(la persona più autorevole del gruppo per età o per posizione) con consegna del regalo, la risposta del festeggiato e poi si può mangiare, aprire il regalo e continuare la festa.                                                                  Il secondo veloma è stato molto meno ufficiale ma di sicuro il più divertente: la festa con tutti i colleghi della fisioterapia e dell’atelier delle protesi…a casa di Napo e Aregba, due tecnici ortopedici del Togo!Qui ho messo a dura prova la mia resistenza in fatto di ballo e le mie capacità canore!                                                                                        Poi è venuto il momento del carcere: salutare la mia “parrocchia”e gli amici e le amiche “della domenica” è stata dura, credevo che la mia ultima messa passasse inosservata e invece quando Nicolà, il nostro amico responsabile della liturgia, si alzato dicendo: <<oggi non c’è nessun “afaka”(libero), ma c’è una di noi, che è con noi ogni domenica, che è “afaka” perché torna a casa…>> ho capito che era venuto il mio turno!                 E allora anch’io, come tanti carcerati in questo anno, ho ringraziato il Signore per questo enorme dono ricevuto; ballando e cantando.                                                                                                                                          E infine la “famigghia”: casa della carità e casa volontari dove, sempre con molta emozione, abbiamo ricordato quanto siamo cresciuti insieme in questo anno; i primi cantando e ballando come solo i malgasci sanno fare, i secondi con regali e con la cucina...come solo gli italiani sanno fare!             
Nonostante i giorni dedicati solo alle visite, era così difficile salutarsi “definitivamente” che ogni volta ci dicevamo:<<Quando parti?>> <<Mercoledì mattina>> <<Bè allora non ci salutiamo ancora…>> e così via, tant’è che ho rimandato tutti i saluti all’ultima mattina; che è ovviamente diventata una mattina esplosiva dal punto di vista emotivo, ma anche dal punto di vista delle valigie e della mia camera (vero Andre??!) ! Lasciare Ambositra non è stato facile, non lasciavo più solo un luogo, una città tra le tante, un nome tra i tanti come quando sono arrivata un anno fa; ma a quel nome sono oramai legati tanti volti di amici, colleghi e compagni di viaggio, impossibili da dimenticare.
Per fortuna in capitale ho ritrovato “l’altro pezzo di famiglia” (Martina), e tanti altri amici, tutti presi dall’altro evento del momento: la fiera del commercio equo e solidale, che si è tenuta 8-9-10 novembre; organizzata proprio da RTM. Anche per la comunità di Ambositra era un momento importante, perché si è riuscito, dopo diverse peripezie, a fare uno stand con i prodotti dei nostri amici carcerati insieme anche a quelli di Tanà! Sui risultati non sono ancora aggiornata, vi saprò dire…       
Dopo un pranzo da “vazaha”che ci siam concessi per la festa, e il tradizionale veloma in cdc (dove,oramai collaudata, ho fatto il ultimo kabary!)…sono salita sull’aereo lasciando, solo fisicamente, quel miscuglio di volti, luoghi, esperienze, parole, azioni, colori, gusti, sapori, odori che è stato il MIO Madagascar.
TSARA MANDROSO…TSARA MIVERINA!                                                                                                                                 Anna