Ambositra, 2 giugno 2012
Salama a tutti amici!
Vi continuo a disturbare mese dopo mese, cercando di rendere
un centesimo di quello che sto vivendo.
Il mese di maggio è stato pieno di sorprese: la prima di
tutte il viaggio a Tsiroanomandidy insieme a Don Giovanni e Luca.
Tsiroanomandidy era la comunità di volontari a nord ovest, a circa tre ore e
mezza di macchina da Antananarivo; composta dalla famiglia Sacchetti(?):
Goffredo ed Elisa (conosciuti in Madagascar) e la loro bimba di tre mesi e
mezzo, Gemma Felana (nata in Madagascar e quindi con secondo nome malgascio,
che significa “petalo”). Qui in un anno, sono riusciti a costruire, con l’aiuto
della popolazione (e l’esperienza di Goffredo ormai ventennale in Madagascar!),
due acquedotti, pompe solari e pozzi.
Essendo un po’ i più “isolati” e aggiungendo il fatto che sono tornati
in Italia domenica scorsa…ho preso al volo l’ultima occasione per visitare
quest’altro pezzetto di Madagascar. Come
al solito, i viaggi in macchina all’interno dell’isola rossa non deludono mai:
dal verde e rigoglioso altopiano, più si andava verso l’ovest, più gli alberi
diminuivano; rimanendo immense colline verdi disabitate che, come il vero “far
west”, nella stagione secca diventano gialle come la savana. E’ una regione non molto
abitata, il boom lo si è avuto negli anni 80, quando a causa della crisi, c’è
stata una grande immigrazione; difatti non ci sono dialetti o tribù
predominanti, ma una grande mescolanza. E’ anche una delle zone in cui il
problema dell’acqua si sente maggiormente, per questo il loro progetto è stato
particolarmente “partecipato”. Per farvi un esempio, per far un acquedotto in
una zona, a causa di villaggi che non hanno accettato la collaborazione; si è
dovuto attigere l’acqua da una sorgente a 12 km. Era necessario però scavare 12
km per il tubo, e così, i villaggi si sono riuniti e messi d’accordo, si è
calcolato la forza lavoro e 1500 persone in 3 giorni hanno finito il lavoro;
scavando circa 12 metri a testa che, per una popolazione a stragrande
maggioranza di agricoltori, non è niente.
Vi dico questo per introdurvi a quello che abbiamo vissuto
nei tre giorni a Tsiroanomandidy: abbiamo avuto la grande fortuna di
condividere con Goffredo, Elisa e Gemma le loro ultime due inaugurazioni, di
una pompa solare e di un acquedotto.
Per darvi un idea, nel secondo villaggio, siamo stati
accolti da una delegazione di moto e macchine con bandierine del Madagascar
fuori dal villaggio; poi siamo entrati e lì c’erano due file di centinaia di
persone ai lati della strada con bandiere dell’Italia e del Madagascar,
striscioni e canti corali. Più o meno mi ricordavano i coortei presidenziali
dei film americani, un attimo più sobri!
Prima il programma di protocollo: alza bandiera delle due
bandiere e inno nazionale malgascio, discorsi delle autorità, taglio del nastro
di una fontana (una delle 8 del villaggio) e pranzo. Poi
il programma un po’ più festoso (dopo che le autorità se ne erano andate!: vari
balli e canti per ogni fontana, in cui, in almeno in uno di questi canti, si
nominava Goffredo; giustamente storpiato in “Goffireti” o “Goffredi”. Dopo i
canti e i balli, ogni corpo di ballo della fontana, offriva i doni alla famiglia:
riso, arachidi, zucche, avocadi, banane fino alle galline vive e una papera!
Siamo tornati a casa con il pick-up pieno zeppo di roba!
Se
non ci fossero stati gli amplificatori, i microfoni, le bibite, i cellulari, le
macchine fotografiche(nostre)… poteva sembrare di esser tornati indietro di un centinaio d’anni! Per
non parlare poi della meraviglia dei malgasci nel vedere una bimba “vazaha”: tutti
facevano a gara nel prendere in braccio Gemma e fare una foto con lei; per
fortuna è una bimba che non piange mai!
Pochi giorni dopo, con ancora negli occhi queste immagini
uniche; è arrivata la settimana del “grande controllo” di Maharivo. Ovvero i
sette giorni di maggior lavoro dell’anno. Cioè
i medici di Antsirabè(dove c’è un centro ortopedico e di riabilitazione molto
grosso) hanno fatto visite per quattro giorni, di tutti i malati del distretto
di Ambositra presi in carico dall’Akanin’ny Marary; dalle 8 del mattino alle
19.30 di sera con poche pause in mezzo. L’equipe
di medici, fisioterapisti e tecnici ortopedici era indipendente; noi dovevamo
cercare le cartelle dei malati, far la registrazione di quello che avevano
fatto e registrare i malati nuovi. E’
stata una bellissima occasione per rivedere tanti malati che eran già tornati a
casa;, e poi per lavorare d’equipe, insieme a tutti gli aide-kinè, con cui non
lavoro quasi mai. I
medici venivano da un'altra settimana in “brousse” di visite, ogni giorno in un
posto diverso; eppure hanno lavorato veramente sodo. In tutto, in queste due
settimane, hanno visitato 912 malati, di cui solo 10 sono stati definiti
guariti, più della metà indirizzati a fisioterapia, più di un centinaio
all’atelier per ortesi, busti, protesi, scarpe ortopediche, stampelle e
bastoni; i rimanenti all’ospedale per radiografie o operazioni e quasi tutti
alla farmacia per le medicine!
Questi sono i momenti più belli
del “nostro” lavoro qui, in cui ti si palesa l’enorme servizio dato ai malati
in questi anni dall’Akanin’ny Marary; e dove le difficoltà quotidiane e le
incomprensioni svaniscono.
Un altro momento bello di questo mese, è stata la settimana
scorsa: sono rimasta a casa da sola, perché Don Giovanni era a far servizio in foresta
dagli Zafimaniry; e Martina e Andrea ad Antananarivo per riposarsi. Difatti
anche loro hanno avuto un mese intenso, pieno di formazioni con Ernesto, lo
psichiatra italiano che li segue nel loro progetto sui malati mentali; appena
tornato in Italia.
E così, un po’ per prudenza, e un po’ perché mi sembrava insensato
rimaner a casa da sola; sono andata a stare in casa della carità qualche
giorno.
E’ un ambiente che già conoscevo certo, da cui
passo quasi ogni giorno; ma viverci è un'altra cosa. Tornavo a casa dopo il
lavoro con la carica di condividere le cose quotidiane e i servizi con i tanti
ospiti, “stagere” e suore; e gli inutili pensieri o paure magicamente
sparivano. Anche se è durato pochi giorni, mi ha ricordato molto il mio periodo
italiano in casa della carità a Fontanaluccia. E’ come se i poveri e i
“semplici” riuscissero sempre a rasserenarmi, nessuno lì ti giudica, ti
prendono come sei.
Questo periodo sereno è stato turbato dalle tristi notizie
dall’Italia sul terremoto: ci si sente impotenti di fronte alla “forza della
natura”, e ancora di più se sei così lontano da non poter consolare, e star
vicino a chi vuoi bene! Quello che posso fare è continuare a ricordarli nella
preghiera, sperando che questo periodo “snervante” finisca presto!
Il 31 maggio infine, abbiamo avuto la festa dei 45 anni
dell’Akanin’ny Marary; con messa presediuta dal vescovo e rinfresco nel grande
palco in giardino. Il
tutto abbastanza semplice, però con i dipendenti e i malati tirati a lucido;
tanto che mi sentivo un po’ stracciona! Purtroppo al rinfresco ero rimasta
l’unica di Rtm, per cui mio malgrado, sono stata chiamata dal vescovo per fare
la foto del taglio della torta con i “big” (tra cui la “Mamera” della casa
della carità e Raimond, malato e attuale giardiniere del Foyer!); proprio come
a un matrimonio!
CI sarebbero altre mille cose da dire come al solito, ma mi
sono già dilungata troppo come sempre.
Un abbraccio a tutti!
Veloma
Anna
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